Vita quotidiana da speaker
Siamo poco abituati ad affrontare in maniera serena e rilassata le situazioni in cui parliamo in pubblico. Eppure
nella vita di chiunque, a prescindere dalle abitudini e dal tipo di lavoro, le occasioni sono in realtà tantissime: una riunione con il nostro team, un’assemblea condominiale, un dibattito pubblico, la presentazione di un progetto a potenziali finanziatori, un colloquio di lavoro, il consiglio di classe dei propri figli, la presentazione di un libro. E mi fermo qui per ragioni di spazio, ma potrei andare avanti ancora a lungo a fare esempi in cui concretamente ciascuno di noi si ritrova spesso.
Conoscere le basi del public speaking ci permette di essere più efficaci, di migliorare le nostre relazioni e di ottenere i risultati personali e professionali che meritiamo. Stiamo parlando di una competenza che affonda le sue radici nella notte dei tempi.
Un piacevole tuffo nel passato: le origini del Public Speaking
La retorica nasce intorno al 400 a.C., qualcuno sostiene per ragioni politiche (per convincere i cittadini a votare in favore di un candidato) e qualcun altro per ragioni giudiziarie (per dibattere nelle aule dei tribunali). A prescindere dal motivo, è certo che l’arte del parlare in pubblico abbia origini antichissime.
Il riferimento per il mondo greco è Aristotele, che racchiude i pilastri della retorica in una tripartizione ancora oggi ampiamente utilizzata: ethos, pathos e logos. Per un messaggio persuasivo serve che l’oratore sia credibile ed eticamente ineccepibile (ethos), che sappia muovere le emozioni dell’interlocutore (pathos) e che abbia cura delle parole e delle espressioni da utilizzare (logos).
L’Italia è poi la patria di Cicerone, altro gigante della materia, portatore di messaggi di una modernità straordinaria, che molti studi recenti hanno scientificamente provato da un punto di vista psicologico e neuroscientifico: la necessità, per imparare qualsiasi competenza, di studiare ed esercitarsi, a prescindere da talento e predisposizioni iniziali.
Ecco le sue parole: «Si raggiunge la competenza oratoria grazie a esercizio e studio, e coloro che non lo fanno è perché: non hanno con chi gradevolmente esercitarsi; non hanno fiducia in loro stessi; non conoscono quale metodo seguire».
Quindi per diventare brave e bravi occorre una buona compagnia, una certa dose di autostima e l’apprendimento di tecniche e strategie specifiche.
E non si può non citare il maestro Quintiliano, che nella sua opera La formazione dell’oratore analizza gli elementi necessari per diventare buoni oratori. Cito solo uno degli attrezzi fondamentali per chi parla in pubblico: la metafora. A tal proposito si legge «… ci è stata accordata dalla natura stessa in modo tale che anche chi è ignorante e privo di sensibilità se ne serve spesso; nel contempo essa è così piacevole ed elegante che anche nello stile più brillante splenda di luce propria».
Il public speaking può essere una materia scolastica?
Fino al 1500 la retorica è stata materia di insegnamento poi la si è abbandonata in favore di altre materie, e non è mai più stata reinserita, almeno da questa parte del mondo. Negli Stati Uniti, invece, cosi come in alcune scuole del nord Europa, a scuola si impara a parlare in pubblico. In Italia la realtà è ben diversa, almeno per il momento.
È una carenza di cui si vedono gli effetti in tutti i settori: se i ragazzi e le ragazze imparassero a scuola come strutturare un messaggio, come comunicare in modo persuasivo, come gestire le proprie emozioni davanti ad altri, avrebbero molte possibilità in più di realizzare ciò che desiderano, sul lavoro e nella vita.
In ogni caso, e a qualsiasi età, si può imparare il public speaking. La scienza si è ormai espressa all’unanimità su questo punto, decretando la neuroplasticità cerebrale: il nostro cervello è in continua trasformazione. La buona notizia che ne deriva è che possiamo apprendere nuove competenze fino alla fine dei nostri giorni: serve solo l’intenzione di farlo nonché una mente flessibile e aperta.
7 consigli per parlare in pubblico e sconfiggere le proprie ansie
Ecco qualche suggerimento per diventare oratori e oratrici disinvolti e iniziare a padroneggiare le basi del public speaking.
Consiglio N.1 - Parlare solo se si ha qualcosa da dire
È fondamentale domandarsi se è importante il messaggio che vogliamo trasmettere, se vale veramente la pena esprimerlo. E quando ci ritroviamo in situazioni in cui non scegliamo ma ci viene chiesto di parlare evitiamo di “fare spallucce” su questo tema. A quel punto la domanda si trasforma e diventa “come e cosa posso dire per fare la differenza nel pubblico?”.
Se riusciamo anche solo a trasferire un’idea nuova, a far riflettere su qualche aspetto, a emozionare per qualche secondo, ne sarà valsa la pena. In caso contrario, avremo perso del tempo prezioso e lo avremo fatto perdere alle persone che ci hanno, loro malgrado, ascoltato.
Consiglio N.2 - Creare una relazione autentica con le persone
Parlare in pubblico o parlare con il pubblico? Decisamente meglio la seconda opzione, per concretizzare una comunicazione attiva e interattiva. Per rendere concreto questo passaggio abbiamo tanti strumenti a disposizione: il contatto visivo (il filo sottile e invisibile che ci tiene costantemente in contatto con le persone), le domande (chiedere con sincera curiosità alle persone chi sono, cosa pensano, cosa si aspettano da quello specifico discorso), le interazioni (chiedere di agire e di fare qualcosa per coinvolgere il più possibile).
Consiglio N.3 - Prendersi cura dell’ambiente
Per farsi ascoltare è molto importante che il pubblico sia in condizioni di agio. Per esempio che ci sia posto a sedere per tutti, che ogni persona riesca a vederci e che riesca a leggere bene le slides, che si facciano pause adeguate in base alla durata dello speech. Durante un intervento online verificare che tutti vedano e sentano bene, che sappiano usare gli strumenti come la chat per interagire, che sappiano come fare tecnicamente se vogliono intervenire.
Consiglio N.4 - Accertarsi che le persone ci seguano dall’inizio alla fine del discorso
Oggi dobbiamo essere bravissimi e bravissime a mantenere alta l’attenzione perché i nostri avversari principali abitano soprattutto negli smarthpone. I sistemi di notifica delle varie applicazioni sono sirene di Ulisse a cui è davvero difficile resistere. Serve rendere talmente interessante ciò che diciamo da placare la voglia di prendere in mano il cellulare ogni pochi minuti.
Consiglio N.5 - Preparare il discorso
Preparare il discorso in modo strutturato, organizzare i contenuti, scrivere cosa vogliamo dire, quali sono i contenuti da trasferire. Chiedersi sempre che intenzioni abbiamo, quale è il nostro obiettivo, cosa vogliamo ottenere dallo speech. Informare? Persuadere? Incuriosire? O che altro?
Consiglio N.6 - Variare la comunicazione non verbale
Se è importante ciò che diciamo, è altrettanto importante, a volte ancora di più, come lo diciamo e come ci facciamo aiutare dal corpo in questo senso. Qui il segreto consiste nella variazione: cambiare tono e volume della voce, posizione nello spazio, i gesti per ogni parte del discorso.
Consiglio N.7 - Scegliere le parole da non dire e le espressioni da non usare
Ci concentriamo sempre tantissimo sulle “to do list”, su ciò che vogliamo fare, in questo caso su ciò che vogliamo dire. Ma molto lavoro dello speaker efficace consiste nel togliere, nel non dire, nell’asciugare la comunicazione. Un po’ come fa un abile scultore, che dalla materia grezza, togliendo togliendo, ricava una meravigliosa opera d’arte.
Studiare tecniche e strategie retoriche, imparare a usare corpo e voce, gestire le proprie emozioni evitando di farsi sequestrare: queste le tre azioni da mettere in campo da subito per chiunque voglia diventare abile nella preziosa arte del public speaking.